La prova della simulazione del contratto

La prova della simulazione del contratto
15 Luglio 2019: La prova della simulazione del contratto 15 Luglio 2019

Con la sentenza n. 975/2019, il Tribunale di Latina si è pronunciato in tema di prova della simulazione del contratto.

Nel caso di specie, il figlio del de cuius aveva proposto azione al fine di veder accertata la natura simulata del contratto di vendita, concluso tra il padre e la compagna, avente ad oggetto la nuda proprietà di un immobile.

La compagna, convenuta unitamente alla figlia, si costituiva in giudizio, contestando in fatto e in diritto quanto dedotto dall’istante e chiedendo il rigetto della domanda attorea.

Sul punto, il Tribunale di Latina ha anzitutto osservato come “l’art. 1415, comma 2 c.c., nel legittimare i terzi all’esperimento dell’azione di simulazione, non consente di ravvisare un indistinto e generalizzato interesse di qualunque soggetto in rapporto con i simulanti ad ottenere il ripristino della situazione reale; la legittimazione all’esperimento dell’azione spetta, invero, solamente al terzo che abbia sofferto, o che possa soffrire, un pregiudizio nella propria sfera giuridica a seguito dall’operazione simulata”.

A tal riguardo, pertanto, può considerarsi terzo legittimato ad esperire l’azione di simulazione l’erede di una delle parti simulanti, allorché agisca in giudizio a tutela della quota di riserva, come nel caso dell’attore (Cassazione civile, 7/3/2011, n. 5386).

Ciò posto, “l’erede legittimario che agisca per l’accertamento di una simulazione di una vendita compiuta dall’ascendente defunto, come terzo estraneo al negozio apparente, beneficia, sul piano probatorio, del favor legislativo espresso dall’art. 1417 c.c., in deroga alle limitazioni di cui agli artt. 2722 ss. c.c. La lamentata lesione della quota di legittima, infatti, assurge a "causa petendi" accanto al fatto della simulazione, pertanto, il legittimario, ancorché successore del defunto, non può ritenersi assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti ex art. 1417 c.c: questi, invero, potrà dare prova della simulazione con ogni mezzo, compresa la prova testimoniale e le presunzioni, purché siano gravi, precise e concordanti ai sensi dell’art. 2729 c.c. (Cassazione civile sez. II, 13/06/2018, n.15510)”.

Ad ogni modo, “tanto il ricorso al meccanismo della presunzione, quanto la verifica della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per la valorizzazione degli elementi di fatto come fonti presuntive, rientra nella valutazione discrezionale del Giudice di merito (Cassazione civile sez. III, 27/03/2018, n.7512), il quale è tenuto ad apprezzare l’efficacia sintomatica dei fatti noti, non solo analiticamente, ma anche nella loro convergenza globale, all’esito di un giudizio di sintesi”.

Ciò premesso, il Tribunale ha quindi evidenziato come, nel caso in esame, la vendita dell’appartamento, dissimulasse, in realtà, una donazione, desumibile da una serie di circostanze: la vendita della sola nuda proprietà, con riserva di usufrutto; l’esistenza di una relazione more uxorio tra l’acquirente ed il de cuius, dal quale era nata anche una figlia; la mancanza di prova dell’avvenuto pagamento dell’(esiguo) prezzo di vendita dell’immobile; la rinuncia da parte del venditore all’ipoteca legale sull’immobile.

In ragione di quanto sopra, pertanto, il Tribunale di Latina ha ritenuto simulato il contratto di vendita.

Il Giudice di prime cure, invece, ha rigettato la domanda di nullità del contratto simulato, proposta dall’attore sul presupposto dell’asserita elusione delle norme imperative di cui agli artt. 542, comma 2, c.c. e 737, comma 1 c.c., osservando come, nel giudizio de quo, “l’attore non ha fornito alcun elemento utile a comprovare l’effettiva volontà di eludere le norme poste a tutela della legittima”, ben potendo quindi il fenomeno simulatorio essere stato animato da finalità non illecite o fraudolente.

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